Le persone sono cieche talvolta, e restano cieche nella loro convinzione anche quando la verità viene sbattuta loro con violenza davanti agli occhi.

I miei a quanto pare riconducono le colpe del mio essere "problematica" alle mie cattive compagnie. Peccato che non risulti loro chiaro che le uniche volte in cui mi sento da schifo, depressa e irascibile sono i momenti solitamente passati tra le mura domestiche.
Quando sto con la mia amica non sento alcun bisogno di vomitare. O pensare a cosa sto ingurgitando.
Riesco a sentirmi quasi normale. Ma anche lei ha problemi di questo genere, forse per questo siamo così affini.
Ognuna di noi due rispetta lo spazio dell'altra, ma interiormente capisce la sofferenza altrui così simile alla propria che ci lega.
I miei genitori tentano di invadere rumorosamente e pretenziosamente la mia intimità, i miei pensieri, il mio spazio: ma il loro è il desiderio di avere il controllo, di fare in modo e assicurarsi che ciascuno senta ciò che è previsto che senta. Perché nella mia famiglia non ci si può sentire diversi, o arrabbiati o in disaccordo. No, questo rovina l'idea che si sono fatti e che perciò corrisponde al giusto. Non c'è il diverso, ma solo lo sbagliato.
Io non ho mai detto quello che penso, non amo parlare di me stessa, men che meno con loro. Soprattutto con loro.
E molto spesso mi odio. Perché non riesco ad arrivare a quegli ideali che si prefiggono per me, non sono all'altezza della loro aspettativa, non riesco a sopportare il peso della pressione che ne deriva.
I miei nervi non si sono temprati con il tempo: sono il risultato di 17 anni di delusione.
Fragile, isterica, soggetta facilmente a crisi d'ansia.